Il presente saggio costituisce la seconda edizione (notevolmente) ampliata del saggio omonimo, pubblicato la prima volta dal Centro Studi Anthologia Latina di Perugia nel 2016 ed esaurito in breve volger di tempo. Scaturito dalla consapevolezza che, nella teoria come nella prassi editoriale, il divario tra congettura e restituzione appare talora quasi impercettibile, il saggio si propone di mostrare, con numerosi exempla critico-testuali pertinenti ad autori che vanno da Ovidio alla fine dell’età tardoantica, che anche la migliore congettura ope ingenii – ritenuta ‘palmare’ dalla comunità scientifica – vel raro vel numquam può aspirare a sanare il testo in maniera definitiva e incontrovertibile. La scelta pragmatica effettuata (affiancare a congetture comunemente accreditate altre congetture che mirano a scalzarle, nell’intento di mettere a nudo la precarietà di ogni congettura in quanto tale) consente di entrare subito e in maniera concreta nel merito della discussione su come è e come si fa o andrebbe fatta una congettura. Per cui il criterio di esposizione rovescia, in certo senso, il metodo tradizionale in quanto non detta regole in astratto e fa vedere come si procede nel discutere e sanare testi che presentano corruttele, anche non immediatamente evidenti. In questo senso, il saggio rappresenta una sintesi tra teoria e prassi ecdotica.****************The present essay constitutes the second (considerably) increased edition of the essay with the same title, published for the first time by “Centro Studi Anthologia Latina” in Perugia in 2016 and sold out in a short space of time. Arising from the awareness that, in theory as in editorial practice, the gap between conjecture and restitution sometimes appears almost imperceptible, the essay aims to show, with numerous textual exempla pertinent to authors ranging from Ovid to the end of the late ancient age, that even the best conjecture ope ingenii – considered evident by the scientific community – vel raro vel numquam can aspire to remedy the text in a definitive and incontrovertible way. The pragmatic choice made (alongside commonly accepted conjectures with other conjectures that aim to undermine them, in order to reveal the precariousness of each conjecture as such) allows to enter immediately and concretely in the merit of the discussion on how it is and how conjecture is made or should be made. So the exposure criterion reverses, in a certain sense, the traditional method in that it does not dictate rules in the abstract and shows how we proceed in discussing and remedying texts that present corruptions, even if not immediately evident. In this sense, the essay represents a synthesis between ecdotic theory and practice.
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